Proverò a rispondere sulla base delle informazioni raccolte nel mio piccolo nel corso di un lungo e complicato carteggio con i due OdM in questione, partendo dall’ ultima domanda:
No. L’ Ordine dei Medici NON è un istituzione sulla quale il cittadino può fare affidamento per ottenere una qualche forma di giustizia in relazione ad un abuso o ad una negligenza commessa da un medico nell’ esercizio della sua professione.
Questo per DUE motivi fondamentali:
1- L’ attività disciplinare è basata sul Codice Deontologico.
2- L’ Ordine dei Medici è un’ istituzione che vive di vita propria, nella quale la figura del Presidente assume sostanzialmente potere assoluto.
Riguardo al primo punto, è da notare che il Codice Deontologico NON è un codice disciplinare in senso stretto; infatti NON contempla i princìpi di tipicità e corrispondenza che caratterizzano ogni VERO codice di disciplina esistente in uno Stato di Diritto, ivi compresi il nostro Codice della Strada o il nostro tanto discusso Codice Penale, ad esempio.
Significa che nel Codice Deontologico NON ci sono articoli contenenti la descrizione dettagliata delle possibili violazioni disciplinari (fattispecie e principio della tipicità), nè, men che meno, la corrispondente sanzione prevista (principio della corrispondenza, appunto). Si tratta – all’ opposto – di una raccolta di princìpi (obblighi) etici e deontologici descritti genericamente in forma di articoli, che il medico sarebbe tenuto a rispettare nell’ esercizio della professione, pena una sanzione disciplinare da decidere.
In pratica l’ eventuale violazione si rileva unicamente per deduzione, e la successiva sanzione viene decisa a discrezione del Consiglio Disciplinare.
Così, per una mancata diagnosi, ad esempio, NON esiste un articolo che prevede espressamente la fattispecie “mancata diagnosi” (come potrebbe essere per un’ infrazione al Codice della Strada ad esempio, tipo “divieto di sosta”, o una violazione penale, tipo “omissione atti d’ ufficio”) ma si fa riferimento ad un articolo del Codice Deontologico che la richiama più da vicino, in cui magari si cita genericamente l’ obbligo da parte del medico di impegnarsi per curare il paziente al meglio, ad esempio l’ art. 21 che recita testualmente: “Il medico garantisce impegno e competenze nelle attività riservate alla professione di appartenenza, non assumendo compiti che non sia in grado di soddisfare o che non sia legittimato a svolgere”. Quindi, se il Consiglio (o, come abbiamo visto, il solo presidente) ritiene di dover procedere, si procede, altrimenti NO. E se si procede, NON sono noti i criteri di attribuzione della sanzione.
Appare evidente come una valutazione basata su tali presupposti possa essere aperta ad ogni genere di arbitrarietà. Se poi aggiungiamo l’ autonomia decisonale del presidente, che può agire archiviando l’ esposto di iniziativa, in modo pienamente legale e senza doverne rendere conto a nessuno, come abbiamo visto nel caso del dott. Crisarà, abbiamo un quadro piuttosto esaustivo di quanto può valere l’ attività disciplinare dell’ Ordine dei Medici.
Per queste stesse ragioni, e rispondendo alle altre domande, l’ Ordine dei Medici NON è in grado di garantire imparzialità e terzietà nella valutazione, potendo ad esempio, il presidente decidere di dare seguito ad un esposto o archiviarlo solo sulla base di simpatìe o antipatìe personali sapientemente dissimulate.
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