La mancata diagnosi

Arriviamo a Giugno 2022.
Decido di far venire mia madre a Padova, mia città di residenza.
Stante le condizioni decisamente precarie (oltre al dolore incessante mia madre aveva perso parecchio peso, non riusciva quasi più a mangiare e deambulava a fatica), l’ intenzione era quella di sottoporla ad un iter diagnostico particolarmente coscienzioso e scrupoloso che avrei supervisionato personalmente; capivamo che c’ era qualcosa di più serio di una semplice diverticolite, ma sembrava che nessuno fino a quel momento fosse riuscito ad inquadrare correttamente la questione.
Tuttavia la mattina del giorno 8 giugno mia madre ha avuto una crisi di malessere generalizzato, dolore acuto e stato confusionale, per cui ho ritenuto opportuno chiamare il 118 per una valutazione in Pronto Soccorso.
L’ ambulanza è arrivata con equipaggio volontario, SENZA medico (circostanza segnalata alla direzione AOPD).
Ho richiesto ai volontari il trasporto presso il Pronto Soccorso centrale (azienda ospedale-università di Padova – AOPD).
Alle ore 08,51 (come da rapporto) mia madre viene presa in carico dalla d.ssa Alessandra Pizziol, medico di urgenza, e dalla sua “equipe”.
Nonostante il corteo sintomatologico allarmante, la dottoressa Pizziol NON prescrive altro che alcuni esami di routine, e dopo qualche ora pone in dimissione la paziente (mia madre) senza diagnosi, limitandosi a somministrare paracetamolo per il controllo del dolore e demandando la gestione del caso ai “servizi territoriali”.
Ho provato a far notare alla dottoressa che esami più approfonditi o un ricovero vero e proprio presso un reparto di degenza sarebbe stato più che appropriato in relazione alle condizioni di salute di mia madre e alla persistenza e tipologia dei sintomi (vere e proprie red flags), ma NON ho MAI ottenuto ascolto.
Ho provato a coinvolgere il Responsabile del Pronto Soccorso dott. Vito Cianci, ma SENZA ESITO, poichè lo stesso si faceva negare per interposta persona perchè impegnato in una “riunione molto importante”.

Avvilita e rassegnata a NON ricevere oramai adeguata attenzione da parte dei medici, e men che meno disposta a sopportare i disagi e i tempi di attesa imposti dalla “medicina territoriale”, in preda a sintomi importanti e non risolti con cui era convinta di dover oramai suo malgrado imparare a convivere per il resto della vita, decideva, pochi giorni dopo, di tornare a Benevento.

Circa tre settimane dopo, una crisi analoga a quella che l’ aveva condotta al Pronto Soccorso di Padova, la conduce stavolta al Pronto Soccorso dell’ Ospedale Civile Rummo in Benevento, il giorno 1 luglio.

In questo caso, un medico evidentemente più coscienzioso e sensibile, ha eseguito gli esami che a Padova la d.ssa Pizziol NON aveva voluto eseguire, ai quali è seguito il ricovero che a Padova la d.ssa Pizziol Le aveva rifiutato, e purtroppo la diagnosi definitiva e spietata: carcinoma pancreatico allo stadio terminale a causa del lungo periodo trascorso senza aver istituito alcuna terapia idonea, e che Le lasciava oramai una prognosi di soli pochi mesi di vita e una terapìa basata unicamente sulla palliazione.